517

Decimo dono: sacrificale da dirci e da fare.
Volontà sacrificale Paterna: terrestre, passiva, inimicale
sul bene inerente dell’autorità umana.
L’autorità ecclesiale?
*) Monopolio assolutivo. Il peccato nella sua novità:
morte viva dell’Amore: chi lo assolve? Se si pecca contro
la persona: o lo assolviamo insieme o il mio lo assolvo io
col perdono: mi lascio sacrificare sempre con devoto,
silenzioso amore sacrificale.

Pneumatica magia quella del Visuato Paterno che tocca il
vecchio fideato e tutto lo rinnova. Tocca la preghiera del
dire egoisticale, ed ecco uscir fuori la preghiera del fare
sacrificale. Ci si accosta pregandolo. Quando pregate, voi
dite: Padre nostro che sei nei cieli. Sia fatta la tua volontà
sacrificale: la celeste e la terrestre. Preghiera questa tutta
sacrificale, da dirci e da fare. Il Padre vuole il nostro sacrificale
terrestre, passivo, inimicale. Il bene inerente dell’autorità
umana ci può sacrificare il nemico. La divina è sacrificale.
E l’ecclesiale? Il potere sacrificale conferito a Pietro
ci fa luce sulla promessa delle chiavi del Regno dei Cieli.
Sono le chiavi sacrificali che danno accesso al Regno dei
Cieli. La loro unità in Pietro, ma la loro funzionalità è individuale.
L’autorità ecclesiale se ne è appropriata, e ne ha
fatto un elemento del suo potere di dominio spirituale, dal
quale sono usciti tutti i peccati storici della Chiesa. S’è fatta
su monopolii settoriali e sacramentali. Il monopolio assolutivo:
solo l’autorità ecclesiale può assolvere dai peccati.
Pacifica la cosa finchè il peccato importava una colpa, ed
esigeva una pena. La assoluzione la si domandava al ministro
di Dio: il sacerdote. La caduta di quel peccato fa cessare
la domanda di assoluzione. Il farsi avanti della realtà
vera: amore Paterno che Satana mi ha messo in malattia e
avviato alla morte: la morte viva dell’Amore, fa brillare un
potere assolutivo nuovo. Si assolve sciogliendo la morte e
trasformandola in vita. Chi può fare questo? È la Chiesa che
mi assolve o sono io che mi assolvo? Il peccare della persona
va sempre contro Dio, ma talora può andare contro la
persona stessa. Il caso viene trattato da Gesù stesso: ‘Se il
tuo fratello avrà peccato contro di te…’. Gesù parla del peccare
contro Dio o contro la persona? Il peccare solo contro
Dio non è facilmente certificabile né quantificabile.
Lo è invece il peccare contro la persona. È quel peccare
contro la persona che fa scatenare per istinto in chi è colpito
l’odio contro l’autore. Gesù ci dice di andare (Va’) per
ammonirlo a non peccare. È la prima azione dialogica; le
altre due: l’azione intertestimoniale e interecclesiale, sono
solamente di ausilio. Se il contrasto è insolubile, allora si
sappia che il peccatore si allinea al pagano e al pubblico
peccatore. Lui non scioglie il suo male, ma lo lega e lo fissa.
E allora tu che sei l’offeso cosa sei chiamato a fare? Sei
chiamato a sciogliere il tuo male con il perdono. Ma come
si fa a perdonare? Perdonare vuol dire fare dono al nemico
dell’amore. E quale? Donargli il mio amore sacrificale:
accetto con amore silenzioso e devoto il sacrificale che mi
ha imposto. Se non lo facessi, io non sciolgo il male che mi
sono fatto all’amore, né aiuterei a sciogliere il suo. È qui
che Gesù manda a tutti e non solo agli apostoli un ammonimento:
‘Tutto quello che legherete sulla terra…tutto quello
che scioglierete…’. Dal mio male mi assolvo io. È a questo
punto che entra Pietro già prima ammonito personalmente:
‘Quante volte dovrò perdonare se il fratello pecca contro di
me? Fino a sette volte?’. Gesù forza quel limite e lancia il
perdono sconfinato. Ma come si può arrivare a tanto? Non
è possibile alla persona egoisticale senza la partenza dallo
Spirito Santo, di Colui che fa agire nel cristiano l’amore
sacrificale Figliale. Eccolo in dotazione ai suoi nel giorno
della sua Risurrezione: è la Pentecoste giovannea.
Gesù alitò su di loro accompagnando la insufflazione con le
parole: ‘Ricevete lo Spirito Santo: a chi rimetterete i peccati
saranno rimessi, a chi li riterrete saranno ritenuti’.
Dunque il peccare della persona contro di me sono io che lo
assolvo. E il mio peccare contro Dio chi lo assolve? È la
Chiesa o sono io?

518

Decimo dono: sacrificale da dirci e da fare.
Volontà sacrificale Paterna: terrestre, passiva, inimicale
sul bene inerente dell’autorità umana.
L’ecclesiale?
*) Monopolio assolutivo: il peccare contro Dio. Momento
primo: il tocco mi dà il sentire amicale: è per me. Col fare
della coscienza sacrificale posso bloccare il passaggio
all’agire. È il mio sacerdozio professionale.

Pneumatica magia quella del Visuato Paterno che tocca il
vecchio fideato e tutto lo rinnova. Tocca la preghiera del
dire egoisticale, ed ecco uscir fuori la preghiera del fare
sacrificale. Ci si accosta pregandolo. Quando pregate, voi
dite: Padre nostro che sei nei cieli. Sia fatta la tua volontà
sacrificale: la celeste e la terrestre. Preghiera questa tutta
sacrificale, da dirci e da fare. Il Padre vuole il nostro sacrificale
terrestre, passivo, inimicale. Il bene inerente dell’autorità
umana ci può sacrificare il nemico. La divina è
sacrificale. E l’ecclesiale? Il potere sacrificale conferito a
Pietro ci fa luce sulla promessa delle chiavi del Regno dei
Cieli. Sono le chiavi sacrificali che danno accesso al
Regno dei Cieli. La loro unità in Pietro, ma la loro funzionalità
è individuale.
L’autorità ecclesiale se ne è appropriata, e ne ha fatto un
elemento del suo potere di dominio spirituale, dal quale
sono usciti tutti i peccati storici della Chiesa. S’è fatta su
monopolii settoriali e sacramentali. Il monopolio assolutivo:
solo l’autorità ecclesiale può assolvere dai peccati. La
caduta del peccato, inteso come colpa meritevole di una
pena, lascia il posto alla novità di un peccato che è morte
viva dell’amore Paterno. Il peccato nuovo vuole un potere
assolutivo nuovo. Il peccato contro la persona o lo sciogliamo
insieme o io sciolgo il mio col perdono sacrificale:
mi lascio sacrificare con devoto silenzioso amore sacrificale,
sempre. Il peccato va sempre contro Dio.
Chi lo può assolvere? Nell’andare contro Dio vanno bene
distinti due momenti: Il momento in cui il peccato mi si fa
istintivamente: lo chiamo appunto il mio peccare presente:
è un infinito presente. Il mio peccare per istinto mi si fa
per uno scatto di quel meccanismo automatico infernale
che Satana mi ha impiantato, manipolando quel battesimo
cresimato Paterno inconscio sopraggiunto al mio incominciare.
Lo scatto viene provocato da tocchi sensibili.
Concezione divina sull’umano. I tocchi esterni e interni
hanno un’unica calamitazione. A calamitarli è la disgrazia
che fa piena la persona. Sono aspirati da quell’amore
disgraziato che riempie ogni persona: è il pieno dell’amore
egoisticale. Il Visuato me l’ha chiaramente mostrato. I
tocchi vanno a tuffarsi ordinatamente nella pienezza della
mia egoisticità. I tocchi possono essere per me o contro di
me. Tuffatisi nella mia egoisticità e imbevuti totalmente di
amore egoisticale, mi daranno infallibilmente il loro sentire.
È l’atto specifico col quale l’amore mi si fa conoscere.
Se questo è per me, il tocco si carica di un piacere tale
che lo Pneuma Paterno mi lancia ala presa.
Il sentire è la prima comparsa del mio peccare. Il passaggio
dal sentire all’agire può essere bloccato dal raggio del
faro coscienziale. È un faro sacrificale: è la coscienza
sacrificale. Sempre puntato sull’apparire del sentire, lo
coglie immediatamente, vi applica tutta la forza e la potenza
della sua sacrificalità, si avventa sulla presa iniziale e
me la blocca. Mi dico di no alla presa, anche se non è possibile
sciogliere subito il piacere che ne sento. Coll’amore
sacrificale Agentato io sciolgo il mio peccare: mi assolvo
l’egoisticità con la sacrificalità dell’amore, e la trasformo
in vita. Il potere della chiave sacrificale attiva è in mano
mia, e nessun altro me la può far funzionare. Sono doppiamente
sacerdote: l’uno per ministero, l’altro per professione.
La mia professione è il sacrificale attivo assolvente.

519

Decimo dono: sacrificale da dirsi e da fare.
Volontà sacrificale Paterna: terrestre, passiva, inimicale,
sul bene inerente dell’autorità umana. L’autorità ecclesiale?
*) Monopolio assolutivo; il peccare contro Dio. Il peccare
inimicale mediante l’odio.
1) Identità perfetta
2) Presenzialità universale
3) Interdipendenza azionale

Pneumatica magia quella del Visuato Paterno che tocca il
vecchio fideato e tutto lo rinnova. Tocca la preghiera del
dire egoisticale, ed ecco uscir fuori la preghiera del fare
sacrificale. Ci si accosta pregandolo.
Quando pregate, voi dite: Padre nostro che sei nei cieli.
Sia fatta la tua volontà sacrificale: la celeste e la terrestre.
Preghiera questa tutta sacrificale, da dirci e da fare. Il
Padre vuole il nostro sacrificale terrestre, passivo, inimicale.
Il bene inerente dell’autorità umana ci può sacrificare
il nemico. La divina è sacrificale.
E l’ecclesiale? Il potere sacrificale conferito a Pietro ci fa
luce sulla promessa delle chiavi del Regno dei Cieli.
Sono le chiavi sacrificali che danno accesso al Regno dei
Cieli. La loro unità in Pietro, ma la loro funzionalità è
individuale.
L’autorità ecclesiale se ne è appropriata, e ne ha fatto un
elemento del suo potere di dominio spirituale, dal quale
sono usciti tutti i peccati storici della Chiesa.
S’è fatta su monopolii settoriali e sacramentali. Il monopolio
assolutivo: sul vecchio peccato poteva solo la
Chiesa; sul nuovo peccato: morte viva dell’amore del
Padre, chi ha potere di assolvere? Ha due momenti: Il farsi
per istinto del peccare. Succede ad ogni immersione dei
tocchi nel pieno dell’amore egoisticale. Il sentire è la sua
prima apparizione. Se il tocco è per me ne ho un gran piacere
e immediatamente passo alla presa. Quel sentire me
lo sciolgo col ‘no’ a ripetizione: ‘Rinneghi se stesso’. Ma
non tutti i tocchi sono piacerali. C’è una massa sconfinata
di tocchi che sono all’opposto: si pongono contro di me
egoisticale: tocchi sacrificali. Essi pure sono calamitati dal
pieno dell’amore egoisticale. Vi si tuffano, se ne imbevono,
ed emergendo mi danno il sentire. È sempre l’amore
egoisticale a dirmi della sua presenza attiva. Solo che stavolta
lo sento contro di me, contro la mia egoisticità.
1) Quel tocco sacrificale mi strappa fulmineamente un
colpo mortale. Il colpire a morte è fare azione di morte.
L’azione di morte è azione amica ed esclusiva dell’odio:
l’unico ad uccidere. Da dove viene quell’odio? Non
viene da se stesso, perché l’odio non è autonomo.
L’odio esce fuori dall’amore egoisticale bifronte. L’odio
è la bifrontalità dell’amore egoisticale: identità perfetta.
Li compongo insieme e li chiamo: amore di odio.
2) Facile affermare la sua presenza universale. Non crederò
mai a una persona che mi dice di non odiare. Se non
odia, non si ama, è senza il suo peccato originale, è una
santa; ma solo Maria lo fu.
3) L’identità fra amore egoisticale e odio regola pure la loro
interdipendenza: tanto mi amo, altrettanto odio. Amo egoisticamente
una persona che mi piace. Tutti i tocchi sacrificali
ottengono il mio odio immediato. Amore di presa per
quel che mi piace, odio di difesa da chi non mi piace.
È possibile però che l’amore egoisticale faccia suo il sacrificale.
Per godersi la vita infatti se ne fanno di sacrifici;
per accumulare capitali se ne fanno di sacrifici. Non qualsiasi
sacrificale può essere egoisticizzato. La morte: che
dobbiamo fare? Rinnega te stesso. Con lo stesso raggio di
coscienza sacrificale proiettato sul tuo sentire di odio, ti
dici di no. Blocchi il sentire e ti disponi all’accettazione.
Sciolgo il peccare.

520

Radiografia dell’autorità ecclesiale. Sesto anello egoisticale:
monopolio del potere: monopolii sacramentali: monopolio
assolutivo.

Il peccato contro Dio conosce due momenti:
1) Il suo farsi istintivo nel sentire, che mi dà l’amore egoisticale
raggiunto dai tocchi. Sentire piacerale e sentire
inimicale me li sciolgo dicendomi di no a ripetizione
continua: ‘Rinnega te stesso’: sacrificale attivo.
2) Il suo diventare peccato: quando il sentire ottiene l’agire
e l’acconsentire, il peccare è consumato, è completo.
È il peccato.
Abbiamo così i peccati d’amore egoisticale: mi approprio
di me stesso: comunione meale. Mi approprio delle persone:
comunione amicale. Mi approprio delle cose: comunione
cosale. Abbiamo i peccati di odio: con la difesa
offensiva elimino il mio nemico. Questi peccati chi li può
assolvere? All’assoluzione si arriva mediante due passaggi:
prima lo rendo solubile: disposto e pronto al suo scioglimento.
Poi, lo sciolgo realmente.
*) Solubilizzare il peccato: ci soccorre una immagine. La
vernice solamente densificata rimane solubile e la si scioglie
con l’acquaragia. Ma la vernice solidificata permane
insolubile da qualsiasi solvente. Tutti i peccati (tranne la
bestemmia contro lo Spirito Santo) possono essere resi
solubili. Unico è il mezzo: il dolore pneumatico.
a) Dolore e piacere sono incompatibili, incompossibili:
non possono stare insieme. Il piacere in atto non
lascia neppure spuntare il dolore. Può spuntare solamente
quando il piacere si avvia al suo esaurimento.
b) La loro incompatibilità è dovuta alla loro diversa
insorgenza. Il piacere insorge dall’amore egoisticale.
Il dolore insorge da quello sacrificale. Inoltre il
piacere racchiude la morte dell’amore, mentre il
sacrificale racchiude la vita dell’amore.
c) Donde insorge il dolore pneumatico: me lo indica il
dolore fisico: esso insorge dalla vita fisica colpita dal
male. Benefico quel dolore che mi chiama sul male e
mi applica alla cura del male e al lenimento del dolore.
Il dolore pneumatico insorge dalla vita dell’amore
sacrificale coscienziato o composto in coscienza
(conoscenza convinta). E poiché la coscienza può
conseguire vitalità differenziate, necessariamente
l’intensità del dolore è proporzionata alla vitalità dell’amore.
Beneficale il peccato dolorante. Fatale il
peccato indolore. Purtroppo oggigiorno il dilatarsi e
l’affermarsi della coscienza egoisticale va operando
la demolizione della coscienza sacrificale. Notiamo
pure che in un pagano il peccato è Paterno, e il dolore
che ne consegue è solo Paterno. In un cristiano è il
peccare Paterno che fa male all’amore Figliale, per
cui il dolore è prevalentemente Figliale.
d) Come insorge il dolore pneumatico: il piacerale che
scoppia per istinto, produce uno stordimento; si percepisce
solamente il piacere dell’amarmi e dell’odiare,
e non mi lascia capire nient’altro, tanto da
ridurre a una ostinata fissazione.
Superato lo stordimento, l’occhio della mia mente viene
rimosso dal piacerale, e dalla luce del sacrificale Agentato
viene applicato al male che mi sono fatto all’Amore, e ne
nasce un vivo dolore. È qui che lo Pneuma manifesta una
delle sue operazioni più preziose. Quella di Dolorificatore.
Un simile dolore non accoglie più la distinzione fra il
dolore perfetto (offesa fatta a Dio) e dolore imperfetto (i
castighi di Dio). Solubilizzare il peccato non è azione di
autorità ecclesiale, ma è azione personale. Io Agentato
facciamo solubile il male che ci facciamo all’amore.
Allora il peccato può essere sciolto. Ma da che cosa verrà
realmente sciolto?

521

Radiografia dell’autorità ecclesiale.
Sesto anello egoisticale: il monopolio del potere.
Monopolii sacramentali: monopolio assolutivo.

Fatto solubile il peccato col dolore pneumatico, si deve
passare allo scioglimento reale. Quali i luoghi possibili:
Possibile in terra. L’ha affermato e dimostrato Gesù in persona,
guarendo il paralitico calato dal tetto: ‘Affinchè sappiate
che il Figlio dell’uomo ha potere di rimettere i peccati
in terra, dico a te: alzati, prendi il tuo lettuccio e va’ a
casa tua’. E se in terra rimangono insoluti?
1) Possibile in cielo: sicuramente si porteranno in cielo e
si permarrà nella dolorosa attesa della loro assoluzione.
Ne ha fatto un ammonimento personale (a Pietro). Poi
un ammonimento collegiale con sicura inclusione di
tutti i discepoli: qualunque cosa legherete sulla terra,
sarà legato nei cieli. Quale il luogo migliore?
2) Luogo naturale è la terra, ove i peccati vengono commessi.
Vari i motivi che ce la fanno preferire.
a) Il Padre per ognuno dispone in terra l’occorrente
validissimo per una assoluzione integrale più facile
e meno dolorosa perché attivata dal peccatore.
b) Fra dolore pneumatico terrestre coadiuvato dal costo
del sacrificale fisico e morale dalla funzione assolutiva
del male che ci si è fatti all’amore, e il dolore
pneumatico celeste, mettendolo a confronto col
dolore fisico e morale terrestre, che gli fa da segno
profeticale.
1) Dolore fisico: è proprio di una sostanza mortale.
Dolore di spirito: è proprio di una sostanza immortale.
2) Dolore fisico: è proprio di una sensibilità corporea.
Dolore di spirito: è proprio di una sensibilità spirituale.
3) Il dolore fisico tende all’esaurimento. Il dolore di
spirito tende al mantenimento.
4) Il fisico si distende nel tempo. Il dolore di spirito lo
si percepisce tutto simultaneamente.
5) Il fisico fa invocare con forza pietà e aiuto. Quello
di spirito fa gridare in direzione amicale. Se lo fanno
i santi per ottenere giustizia da Dio, cosa non faranno
gli ammalati celesti, per palesarci il loro grande
dolore e la pietà di una assoluzione?
c) Il dolore celeste è identico al dolore infernale.
Ambedue sono dovuti al male che ci si è fatti
all’amore Paterno, con due sole differenze.
L’infernale manca di qualsiasi speranza: è disperazione
e pazzia, come non conosce lenimento alcuno.
Il dolore celeste è carico di speranza e gradualmente
si va attenuando.
Ne viene un ammonimento pressante: sciogliamo in terra
tutto il male che ci siamo fatti all’amore, impiegando quel
sacrificale che il dolore mette a nostra disposizione. Cos’è
mai la assoluzione? Assolvere il vecchio peccato era: cancellare,
distruggere, eliminare, annientare il peccato.
Questo non può avvenire sul peccato nuovo. Infatti il male
che mi faccio all’amore è inscindibile dall’amore; e
l’amore Paterno non si può annientare per eliminare il
male. Il male è inseparabile dall’amore. Infatti l’amore
Paterno mi si è dato da vivere con una concezione battesimale
cresimata inconscia. Cosicché facendo io ne vivo.
Vivendone noi diventiamo insieme. Diventati permaniamo
in congiunzione eternale.
Il male che mi sono fatto all’amore si può solamente sciogliere.
Lo si scioglie trasformandolo in vita dell’amore.
Per cui l’assoluzione è: metamorfosi Pneumatica. A che
cosa va attribuita la metamorfosi del peccato? Cos’è che
opera quella metamorfosi?

522

Radiografia dell’autorità ecclesiale.
Sesto anello egoisticale: il monopolio del potere.
Monopolii sacramentali: *) Monopolio assolutivo.

La metamorfosi è una operazione Pneumatica: è Lui il
Metamorfosatore o Trasformatore. E qual è la cosa che
viene applicata in quella trasformazione? Qual è il metamorfosativo
o trasformativo? È solamente il sacrificale
vissuto alla maniera divina. A questo punto vanno esaminati
i rapporti fra sacrificale e trasformazione:
a) È proprio vero che il sacrificale è trasformativo?
b) Ed è proprio vero che quella trasformazione è assolutiva?
Ecco la risposta:
a) Il sacrificale è veramente trasformativo. Segni naturali
parlanti ce ne sono tanti. Il baco da seta col suo sacrificale
si trasforma in variopinta farfalla. È proprio il
Visuato che me lo mostra luminosamente nel Padre e
nel Figlio.
1) Trasformativo Paterno è il suo sacrificale. Il Padre è
atto puro: è tutto e solo in un atto, che non ha alcuna
potenzialità e non conosce atti divenienti. Non ha in
sé alcuna potenzialità diveniente. Dio non diventa.
Ma il Padre è Amore Sacrificale. La sua sacrificalità
(è espropriazione totale di sé) è generativa, non è
moritiva: non conosce la morte dell’amore. La spinta
a diventare l’ha dalla sua sacrificalità che tende al
suo vertice assoluto: la morte dell’amore. Il mezzo
l’ha nel suo sacrificale. Quale? Pur rimanendo atto
puro, con un sacrificale gigantesco si trasforma in
potenzialità di amore vivibile e moribile. Le potenzialità
formano un concentrato sommo. Il concentrato
gli dà una forma piccolare, che farà da stampo al
cosmo, al vegetale, all’animale, all’uomo e all’angelo.
La vera orma di Dio nella creazione. Tutta la
creazione diventa per quella sua forma potenziale
evolutiva. La coppia angelica diventa famiglia angelica;
la coppia umana diventa famiglia umana. In
ambedue mette in atto la sua irradiabilità, e la sua
ecclesiabilità universale conseguita nella sua metamorfosi
da sacrificale. Espropriato si cede da vivere
al sacrificale suo tendente a farsi mio, mediante la
concezione battesimale. Vissuto al sacrificale,
diventa con la creatura vita paradisiaca. Vissuto
all’egoisticale, diventa morte infernale.
2) Trasformativo Figliale è il suo sacrificale. Nell’atto
suo trasformativo, il Padre genera il Figlio nel
tempo: seconda generazione: la temporale. La totalità
dell’amore Paterno espropriato, si cede da vivere
al sacrificale, in forma personale di Figlio. Il
Figlio generato è tutto in tensione sacrificale. Per
questo la sua umanazione evolutiva: concepito,
nato, cresciuto, maturato e pronto a votarsi liberamente
al suo sacrificale crociale, che vive alla
maniera divina. Un sacrificale sommo per la sua
vastità (fisico, morale, messianico, divino) e per la
sua intensità. Con esso consegue la sua metamorfosi
di spirito e di corpo. Lo Spirito si fa irradiabile e
mediante la irradiazione si fa ecclesiabile. Dalla
metamorfosi pneumatica, quella somatica.
Ed ora la sintesi:
1) Trasformativo Paterno è il suo sacrificale che si dà
2) Trasformativo Figliale è il suo sacrificale che accetta
3) Trasformativo creaturale non sarà il suo sacrificale?
Già sappiamo che il sacrificale attivo praticato sul sentire
proprio del peccare trasforma il peccare stesso. Ora siamo
certi che il sacrificale passivo accettato e vissuto alla
maniera divina, trasforma veramente il peccato. Dunque il
sacrificale è trasformativo.
Ed è anche assolutivo? Scioglie veramente la morte dell’amore
trasformandola in vita?

523

Radiografia dell’autorità ecclesiale.
Sesto anello egoisticale. Il monopolio del potere.
Monopolii sacramentali. Monopolio assolutivo.
Trasformativi il sacrificale, e anche assolutivo? La prima
comunione Paterna.

Nel fideato: il peccato da sciogliere era: l’offesa fatta a
Dio disubbidendo alla sua legge: la assoluzione la si aveva
dal sacerdote. Nel Visuato: il peccato:
a) Visto nell’amore Paterno che mi si è dato da vivere:
è la morte viva dell’amore.
b) Visto nella crescita di unione: è il piacere di ogni
atto, accrescitivo della mia comunione egoisticale.
Il peccato concorre allo sviluppo e alla crescita della mia
comunione egoisticale. È alla comunione che dobbiamo
prestare una accurata attenzione, anche per sapere se essa
pure subisce qualche trasformazione, dal momento che la
morte dell’amore è in comunione con me.
1) La comunione cos’è? Dal latino: unio-cum: unione con
(un altro); quindi, unione fra due. Ci sono varie forme di
unione: la fisica (fra due corpi); la morale (due modi di
vivere armonizzati); la spirituale (due menti che combaciano).
Non c’è unione senza amore, come non c’è
disunione senza odio. E che amore è quello che unisce?
È amore divino. Eccoci all’origine dell’unione.
2) La comunione è di origine divina: lo è la comunione eternale
fra Padre e Figlio. Il Padre vi è espropriazione totale,
cessione, personificazione di Figlio, eterna comunione trinitaria.
Lo è la comunione temporale: quella che il Padre
realizza con le sue creature razionali angeliche e umane.
Il Visuato me ne ha dato conoscenza personale e quindi
universale. Eccoci alla comunione del Padre con la persona.
Ha due fasi successive:
1) La Paterna discendente: un atto repentino. Sulla mia
concezione umana prontissima la divina Paterna. Dal
sole Paterno fattosi irradiabile con la sua metamorfosi
temporale, parte un suo raggio di amore sacrificale.
Espropriato da se stesso, mi si cede da vivere al sacrificale,
con una concezione battesimale cresimata
inconscia. Così è diventato mio: è la sua meità. Gli elementi
di questa prima fase: espropriazione, cessione,
concezione, unione che non si scioglierà mai più.
2) L’umana ascendente: posta la comunione d’essere,
nasce l’esigenza che io ne viva in ogni mia azione, e
vivendone io mi cedo in sua proprietà, e così diventiamo
in comunione. Comunione d’essere, del fare e del
diventare. Diventato comunione, più nessuno mi può
rapire dalla mano del Padre. Doveva essere questa la
comunione sacrificale fra me e Lui, fluidissima nel suo
scorrimento ascensionale.
Ma, per volontà Paterna di accettazione sacrificale, Satana ha
potuto inserirsi al compimento della comunione discendente,
e tagliarmi la strada a quella ascendente. Mi ha bloccato
l’amore Paterno alla sua meità (egoisticizzato); gli ha imposto
la forma dell’istinto (istintivizzato). L’amore Paterno
messo in malattia, me lo ha avviato alla morte. La comunione
rimane intatta. Così dalla comunione sacrificale mi fa
passare a quella egoisticale; dalla comunione di vita a quella
di morte. È la comunione egoisticale che si sviluppa automaticamente
a ogni sentire che passa all’agire e all’acconsentire.
È in tutto simile a un vortice che imperiosamente
aspira a sé tutto: me, le cose, le persone, e le fa vorticare in
un piacere sinistramente delizioso. È questa la prima comunione
di origine e di fatturazione Paterna. Ma ce n’è pure una
seconda di origine e di fattura Figliale, riproduzione esatta
della Paterna. Nella mia condizione non ce la farei a sbloccare
e a ritrasformare la Paterna, se non mi venisse in soccorso
la Figliale, mediante la quale è possibile sviluppare
una comunione che unisce la Trinità con la creatura umana.