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Decimo dono: sacrificale da dirci e da fare.
Volontà sacrificale Paterna: terrestre, passiva, inimicale
sul bene inerente dell’autorità umana.
L’autorità ecclesiale?
*) Monopolio assolutivo. Il peccato nella sua novità:
morte viva dell’Amore: chi lo assolve? Se si pecca contro
la persona: o lo assolviamo insieme o il mio lo assolvo io
col perdono: mi lascio sacrificare sempre con devoto,
silenzioso amore sacrificale.

Pneumatica magia quella del Visuato Paterno che tocca il
vecchio fideato e tutto lo rinnova. Tocca la preghiera del
dire egoisticale, ed ecco uscir fuori la preghiera del fare
sacrificale. Ci si accosta pregandolo. Quando pregate, voi
dite: Padre nostro che sei nei cieli. Sia fatta la tua volontà
sacrificale: la celeste e la terrestre. Preghiera questa tutta
sacrificale, da dirci e da fare. Il Padre vuole il nostro sacrificale
terrestre, passivo, inimicale. Il bene inerente dell’autorità
umana ci può sacrificare il nemico. La divina è sacrificale.
E l’ecclesiale? Il potere sacrificale conferito a Pietro
ci fa luce sulla promessa delle chiavi del Regno dei Cieli.
Sono le chiavi sacrificali che danno accesso al Regno dei
Cieli. La loro unità in Pietro, ma la loro funzionalità è individuale.
L’autorità ecclesiale se ne è appropriata, e ne ha
fatto un elemento del suo potere di dominio spirituale, dal
quale sono usciti tutti i peccati storici della Chiesa. S’è fatta
su monopolii settoriali e sacramentali. Il monopolio assolutivo:
solo l’autorità ecclesiale può assolvere dai peccati.
Pacifica la cosa finchè il peccato importava una colpa, ed
esigeva una pena. La assoluzione la si domandava al ministro
di Dio: il sacerdote. La caduta di quel peccato fa cessare
la domanda di assoluzione. Il farsi avanti della realtà
vera: amore Paterno che Satana mi ha messo in malattia e
avviato alla morte: la morte viva dell’Amore, fa brillare un
potere assolutivo nuovo. Si assolve sciogliendo la morte e
trasformandola in vita. Chi può fare questo? È la Chiesa che
mi assolve o sono io che mi assolvo? Il peccare della persona
va sempre contro Dio, ma talora può andare contro la
persona stessa. Il caso viene trattato da Gesù stesso: ‘Se il
tuo fratello avrà peccato contro di te…’. Gesù parla del peccare
contro Dio o contro la persona? Il peccare solo contro
Dio non è facilmente certificabile né quantificabile.
Lo è invece il peccare contro la persona. È quel peccare
contro la persona che fa scatenare per istinto in chi è colpito
l’odio contro l’autore. Gesù ci dice di andare (Va’) per
ammonirlo a non peccare. È la prima azione dialogica; le
altre due: l’azione intertestimoniale e interecclesiale, sono
solamente di ausilio. Se il contrasto è insolubile, allora si
sappia che il peccatore si allinea al pagano e al pubblico
peccatore. Lui non scioglie il suo male, ma lo lega e lo fissa.
E allora tu che sei l’offeso cosa sei chiamato a fare? Sei
chiamato a sciogliere il tuo male con il perdono. Ma come
si fa a perdonare? Perdonare vuol dire fare dono al nemico
dell’amore. E quale? Donargli il mio amore sacrificale:
accetto con amore silenzioso e devoto il sacrificale che mi
ha imposto. Se non lo facessi, io non sciolgo il male che mi
sono fatto all’amore, né aiuterei a sciogliere il suo. È qui
che Gesù manda a tutti e non solo agli apostoli un ammonimento:
‘Tutto quello che legherete sulla terra…tutto quello
che scioglierete…’. Dal mio male mi assolvo io. È a questo
punto che entra Pietro già prima ammonito personalmente:
‘Quante volte dovrò perdonare se il fratello pecca contro di
me? Fino a sette volte?’. Gesù forza quel limite e lancia il
perdono sconfinato. Ma come si può arrivare a tanto? Non
è possibile alla persona egoisticale senza la partenza dallo
Spirito Santo, di Colui che fa agire nel cristiano l’amore
sacrificale Figliale. Eccolo in dotazione ai suoi nel giorno
della sua Risurrezione: è la Pentecoste giovannea.
Gesù alitò su di loro accompagnando la insufflazione con le
parole: ‘Ricevete lo Spirito Santo: a chi rimetterete i peccati
saranno rimessi, a chi li riterrete saranno ritenuti’.
Dunque il peccare della persona contro di me sono io che lo
assolvo. E il mio peccare contro Dio chi lo assolve? È la
Chiesa o sono io?

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