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Decimo dono: sacrificale da dirsi e da fare.
Volontà sacrificale Paterna: terrestre, passiva, inimicale,
sul bene inerente dell’autorità umana. L’autorità ecclesiale?
*) Monopolio assolutivo; il peccare contro Dio. Il peccare
inimicale mediante l’odio.
1) Identità perfetta
2) Presenzialità universale
3) Interdipendenza azionale

Pneumatica magia quella del Visuato Paterno che tocca il
vecchio fideato e tutto lo rinnova. Tocca la preghiera del
dire egoisticale, ed ecco uscir fuori la preghiera del fare
sacrificale. Ci si accosta pregandolo.
Quando pregate, voi dite: Padre nostro che sei nei cieli.
Sia fatta la tua volontà sacrificale: la celeste e la terrestre.
Preghiera questa tutta sacrificale, da dirci e da fare. Il
Padre vuole il nostro sacrificale terrestre, passivo, inimicale.
Il bene inerente dell’autorità umana ci può sacrificare
il nemico. La divina è sacrificale.
E l’ecclesiale? Il potere sacrificale conferito a Pietro ci fa
luce sulla promessa delle chiavi del Regno dei Cieli.
Sono le chiavi sacrificali che danno accesso al Regno dei
Cieli. La loro unità in Pietro, ma la loro funzionalità è
individuale.
L’autorità ecclesiale se ne è appropriata, e ne ha fatto un
elemento del suo potere di dominio spirituale, dal quale
sono usciti tutti i peccati storici della Chiesa.
S’è fatta su monopolii settoriali e sacramentali. Il monopolio
assolutivo: sul vecchio peccato poteva solo la
Chiesa; sul nuovo peccato: morte viva dell’amore del
Padre, chi ha potere di assolvere? Ha due momenti: Il farsi
per istinto del peccare. Succede ad ogni immersione dei
tocchi nel pieno dell’amore egoisticale. Il sentire è la sua
prima apparizione. Se il tocco è per me ne ho un gran piacere
e immediatamente passo alla presa. Quel sentire me
lo sciolgo col ‘no’ a ripetizione: ‘Rinneghi se stesso’. Ma
non tutti i tocchi sono piacerali. C’è una massa sconfinata
di tocchi che sono all’opposto: si pongono contro di me
egoisticale: tocchi sacrificali. Essi pure sono calamitati dal
pieno dell’amore egoisticale. Vi si tuffano, se ne imbevono,
ed emergendo mi danno il sentire. È sempre l’amore
egoisticale a dirmi della sua presenza attiva. Solo che stavolta
lo sento contro di me, contro la mia egoisticità.
1) Quel tocco sacrificale mi strappa fulmineamente un
colpo mortale. Il colpire a morte è fare azione di morte.
L’azione di morte è azione amica ed esclusiva dell’odio:
l’unico ad uccidere. Da dove viene quell’odio? Non
viene da se stesso, perché l’odio non è autonomo.
L’odio esce fuori dall’amore egoisticale bifronte. L’odio
è la bifrontalità dell’amore egoisticale: identità perfetta.
Li compongo insieme e li chiamo: amore di odio.
2) Facile affermare la sua presenza universale. Non crederò
mai a una persona che mi dice di non odiare. Se non
odia, non si ama, è senza il suo peccato originale, è una
santa; ma solo Maria lo fu.
3) L’identità fra amore egoisticale e odio regola pure la loro
interdipendenza: tanto mi amo, altrettanto odio. Amo egoisticamente
una persona che mi piace. Tutti i tocchi sacrificali
ottengono il mio odio immediato. Amore di presa per
quel che mi piace, odio di difesa da chi non mi piace.
È possibile però che l’amore egoisticale faccia suo il sacrificale.
Per godersi la vita infatti se ne fanno di sacrifici;
per accumulare capitali se ne fanno di sacrifici. Non qualsiasi
sacrificale può essere egoisticizzato. La morte: che
dobbiamo fare? Rinnega te stesso. Con lo stesso raggio di
coscienza sacrificale proiettato sul tuo sentire di odio, ti
dici di no. Blocchi il sentire e ti disponi all’accettazione.
Sciolgo il peccare.

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