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Radiografia dell’autorità ecclesiale.
Sesto anello egoisticale: monopolio del potere.
Monopolii sacramentali. Monopolio sessuale, sponsale,
coniugale.

L’amore sessuale chiama e conduce prima all’unione
sponsale e in essa alla coniugale. Questi i passaggi dell’amore
e la triplice sua azione: l’amore sessuale: chiama;
lo sponsale: unisce; il coniugale: inserisce uno nell’altro.
Unificatrice è dunque la sua potenza.
La continuità dell’amore sponsale e coniugale compone
l’unità matrimoniale. Due possibili qualità: solubile o
indissolubile. Sembra che Dio non abbia tanto a cuore
l’indissolubilità matrimoniale:
a) Perché non dare stabilità alla carica di attrazione
sessuale che tocca la sommità nel giorno delle nozze
e nella luna di miele successiva con un sacramento
che si dice consacri l’amore sessuale?
L’indissolubilità sarebbe stata quasi garantita.
b) A sua volta la stabilità della carica iniziale avrebbe
sicuramente il potere di svilire e svuotare ogni altra
attrazione insorgente. E l’indissolubilità sarebbe
stata assicurata. Questo il sacramento non lo fa, né
mai lo farà. L’amore sessuale non viene consacrato
dal sacramento, e l’unità rimane solubile.
Come mai allora la Chiesa pone l’indissolubilità come
qualità essenziale al matrimonio cristiano, al punto da
negare un secondo sacramento a chi ha spezzato il primo?
La sua fedeltà al maestro Gesù permane costante, e questo
torna a sua lode. Pertanto la Chiesa ci rimanda al Figlio, il
quale a sua volta ci rimanda al Padre Creatore.
‘Non avete letto che il Creatore li fece, da principio,
maschio e femmina, e disse: per questo l’uomo lascerà suo
padre e sua madre e si unirà alla sua donna, e i due diverranno
una carne sola? Cosicché non sono più due, ma una
carne sola? L’uomo dunque non separi quello che Dio ha
congiunto’. Sembra che sia l’unità carnale a dare indissolubilità
al matrimonio.
La stessa Chiesa cristiana gli ha riconosciuto tale funzione.
Quando si trova davanti a un matrimonio rato ma non
consumato (assenza di coniugio maritale) può passare alla
dichiarazione di nullità di quel matrimonio, come se fosse
la unione carnale a farlo indissolubile.
D’altra parte il passo della Genesi lo afferma chiaramente:
l’indissolubilità discende dall’unità carnale.
E questo perché non lo fa?
1) L’unità carnale: si compie nel coniugio maritale, ma non
è uno stato abituale, non fa siamesità: due in una carne.
2) Ma è anche vero che l’unità carnale ha la sua importanza
profeticale. È un segno che parla di un’altra unità
alla quale rimanda direttamente.
Non più carnale e nemmeno morale, né spirituale, ma
Pneumatica. Infatti l’unità carnale, incapace a unire la coppia
umana nella sua interezza, postula e esige una unità
superiore. C’è infatti una coniugazione umana e una divina.
a) Maschio e femmina si congiungono con l’amore
sessuale, sponsale, coniugale. Si congiungono sessualmente
e tale congiunzione è solubile.
b) Dio li congiunge pneumaticamente e tale congiunzione
è indissolubile. Con che cosa li congiunge?
Con l’amore sacrificale, essenza dell’amore divino.
Lui stesso lo adopera per unirsi indissolubilmente alla sua
creatura angelica e umana.
Ecco come fa: un raggio divino di amore Paterno, espropriato,
si dà da vivere al sacrificale alla creatura, al suo
incominciare (concezione umana) con una concezione
battesimale cresimata inconscia (concezione divina).
Per quella concezione il Padre si unisce indissolubilmente
alla sua creatura. Questo lo fa con la sacrificalità del suo
amore (amore sacrificale).
Con la sua espropriazione passa in proprietà della sua
creatura, con la possibilità di essere vissuto egoisticamente
invece di essere vissuto sacrificalmente.
Può farlo vivere, come può farlo morire.
Dunque si unisce indissolubilmente con l’amore sacrificale
e non col beneficale. Eccoci arrivati alla sorgente unica
della indissolubilità matrimoniale: è l’amore sacrificale,
non quello beneficale.

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