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Radiografia dell’autorità ecclesiale: sesto anello egoisticale:
il monopolio del potere. Monopolii sacramentali. Il
monopolio assolutivo.

Il peccato contro Dio è morte d’amore Paterno e crescita
di comunione egoisticale. Il solo sacrificale mi trasforma
la morte e mi scioglie l’egoisticità della comunione. Come
fa a scioglierla? L’amore egoisticale introduce in comunione
quello che va calamitando col piacere.
Il sacrificale mi fa uscire tutto quello che è entrato in
comunione egoisticale.
Per farlo uscire occorre sciogliere la presa (è questa la
assoluzione) dell’amore egoisticale, che è fortissima. Non
è legata all’intelligenza, ma alla sola forza gigantesca dell’istinto.
La presa è decisamente appropriatrice (prende
per sé). Infatti quello che prende lo immette subito nel
vortice della comunione egoisticale.
Le cose che prende sono riducibili a tre: me stesso vivente,
le persone e le cose. Mi è facile pensare l’amore egoisticale
come dotato di tre artigli mostruosi, con i quali
afferra quanto gli piace. Col primo artiglio: ghermisce,
rapisce e immette in comunione me stesso vivente in tutta
la mia integrità: fisica, intellettuale, morale. E ne fa:
comunione meale (con me stesso). È comunione Paterna
per l’impiego del suo amore egoisticizzato.
L’inizio: al momento del mio incominciare, quando
Satana mi ha egoisticizzato l’amore Paterno. La crescita:
tenue all’inizio, impetuosa nel suo percorso, solida, ferrea,
e granitica nel volgere al tramonto.
Tale è la comunione dell’anziano. Alla luce pneumatica
così mi sono trovato: mi amo vivente: tutto, sempre e solo,
e non mi accetto morente. È dalla comunione meale che
parte tutto il mio odio contro la morte.
Non c’è nemico più odiato, combattuto, come anche più
temuto della morte, perché un giorno sicuramente prevarrà
su di me. L’odio la vuole più lontana possibile.
Se ne parla con espressioni tali da farcela sentire lontana.
Diciamo al suo riguardo: ‘quando Dio mi chiamerà’. Una
chiamata suscettibile di variazioni.
Ma Dio non chiama. Sarà il compimento del suo programma.
Infatti l’inizio, il percorso nei suoi minimi particolari,
e la fine della vita, fanno parte del programma Paterno
dettagliato. ‘Quando la morte arriverà’.
Ma la morte non viene né da lontano, né da vicino. La
morte è con me, anzi potenzialmente la morte sono io.
Infatti il Padre ci ha fatto dono di una vita sacrificale. La
morte è nella vita. In una comunione meale ordinata, vita
e morte ottengono la stessa accoglienza.
Questo non lo sentiamo. La morte la sentiamo lontana,
però non al punto da non accostarsi a noi per bussare alla
porta della comunione meale.
Non gli si apre assolutamente, perché la comunione meale
non accetta di essere disturbata e meno ancora di essere
messa in discussione o minacciata.
Non ha bisogno però di entrare, perché potenzialmente è
già dentro. E quando l’essere umano se la vede dentro in
azione, è allora che può succedere il gesto insano: buttare
via la vita, nel tentativo di buttare fuori la morte.
È il suicidio. Chi si chiama fuori dalla morte, si chiama
fuori pure dalla vita. Ogni gesto insano ha la sua radicalità
nella comunione meale.
La comunione meale induce un peccare continuo dato dal
mio sentirmi contro la morte, e produce un cumulo di peccati
che sono dati dalla azione contro, per la difesa della
comunione meale.
Amare egoisticamente la vita è un pericolo incombente:
‘Chi ama egoisticamente la sua vita, la perde; chi la sacrifica
per me e per il Vangelo, la salva’.
La morte domanda l’accettazione umana: non posso volere
la vita e non accettare la morte. A noi si domanda una
accettazione divina: la morte mi fa uscire da quella vita
che io ho immesso in comunione egoisticale. La presa trattenitrice
della vita è la più formidabile. Sciogliere quella
presa pur dolorosamente è la mia assoluzione: sciolgo la
vita dalla presa egoisticale.

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